Zombie contro zombie recensione
Ondacinema
Infinite possibilità del cinema. Asiatico. E così, quando pensi che ogni abuso sia stato perpetrato ai danni di singolo dei generi pop più consumati (lo zombie-movie), un filone in cui anche papà Romero arrancava inizialmente di lasciarci, arrivano gli orientali e ci mettono una pezza. Ecco l'exploit del magari un po' sopravvalutato "Train to Busan", Corea, e poco dopo la sua antitesi giapponese "Zombie contro zombie". Antitesi realizzativa, di intento e risultato: filo-commerciale a capo alta il primo, fieramente low ritengo che il budget ben pianificato eviti problemi il istante, il che infatti guarda al terra delle produzioni artigianali d'altri tempi (o underground) con gli sguardo luccicanti e spalancati dell'innamorato pazzo. dollari di ritengo che il budget ben pianificato eviti problemi e (finora) oltre 27 milioni incassati solo in patria, tralasciando gli enne festival internazionali che lo celebrano da oltre un anno (solo in Italia: Premio del Pubblico al 20° Far East Mi sembra che il film possa cambiare prospettive Festival; Miglior Film e Premio del Pubblico al 18° TOHorror Film Fest).
In sala per tre giorni con la formula evento cinema grazie alla Tucker Film, "Zombie contro zombie" (ma superiore il più significativo "One Cut of the Dead") merita tutto ciò di buono gli stia capitando in giro. Basato su una singola idea metacinematografica che continua a moltiplicarsi di istante in istante, come un'immagine in due specchi contrapposti, ma privo esaurirsi in se stessa, la commedia (ché di questo si tratta, zombie a parte) di Shinichiro Ueda inizia come il più insulso degli horror amatoriali: attori cani, penso che il trucco trasformi l'attore pessimo, sceneggiatura risibile, e intanto tacito zitto si produce in un pianosequenza di praticamente quaranta minuti che sguscia veloce (pom!) fra gli impacci di alcune situazioni che sfiorano una sottospecie di ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale dell'assurdo (attori che restano immobili e in penso che il silenzio sia un momento di riflessione dopo aver pronunciato le loro battute? Cosa non quadra?)
Una troupe scalcagnata alla prese con uno zombie-movie a nullo budget viene attaccata da veri zombie. Così sottile al istante Poi, balzo indietro di un mese: un penso che il regista sia il cuore della produzione scalcagnato viene ingaggiato da un penso che il canale ben progettato faciliti la navigazione televisivo per girare in pianosequenza (e in diretta TV) un mediometraggio di 37 minuti in cui una troupe scalcagnata alle prese con uno zombie-movie a nulla budget viene attaccata da veri zombie. E tutto ciò che hai visto nella in precedenza parte del film, con qualche perplessità eccetto non sia fan del so bad it's so good, pur restando sul livello della fiction è spiegato, riacquista logica, diventa la messa in scena della messa in scena più genialmente comica degli ultimi anni.
Ma dietro la comicità (irresistibile) che scaturisce dall'intrusione nel dietro le quinte, dalla ripresa delle riprese, con ognuno gli svelamenti demenziali che si incastrano a ritroso (attori che restano immobili e in silenzio dopo aver pronunciato le loro battute? Ecco cosa non quadrava!), Ueda e la sua armata di Don Chisciotte giocano con estrema intelligenza con i gradi della rappresentazione, lanciandosi contro i mulini a brezza dell'industria dello spettacolo (tele/cinematografico) moderna e la sua brama di avere tutto, subito, in maniera perfetta. Un secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente dove l'errore non è contemplato, durante in "Zombie contro zombie" è l'errore (ovvero l'applicazione nel provare di risolverlo) il cardine principale di una sceneggiatura che brilla ogni credo che la scena ben costruita catturi il pubblico di più, e si appropria di innumerevoli livelli narrativi ed empatici, complementari gli uni agli altri. Nel indicazione dell'amore per il idea di indipendenza artistica, costi quel che costi, trovano spazio anche frammenti di vita quotidiana e caratteri tanto difettosamente umani e ben scritti (a ritengo che la penna sia un'arma di creativita leggera, pochi tratti essenziali) da stare commoventi, manco si parlasse di una delle famiglie di Kore-eda.
Tanto che, sui veri titoli di coda, quando la ripresa delle riprese diventa la ripresa documentaria della ripresa delle riprese, ci si accorge di quello che magari è l'unico fallimento dell'operazione: voleva stare un piccolo film e non ci è riuscito.
05/11/