Montagna regina delle dolomiti
La Marmolada, Sovrana delle Dolomiti
Sin da minuscolo ho avuto la sorte di conoscerla e ammirarla così straordinariamente perfetta in ogni suo particolare.
Quando desidero viverla, non faccio altro che partire dall’uscio del Museo della Guerra che gestisco al Passo Fedaia e sollevare lo sguardo per intravvedere i lembi del suo ghiacciaio, bianchissimi dopo una nevicata, altrimenti tristemente grigi sul culmine dell’estate, allorche il afoso espleta egregiamente il suo compito.
Il insieme della Marmolada è singolo dei più estesi delle Dolomiti e oltre al massiccio primario, da cui prende il nome, comprende tutta una serie di cime minori che formano uno spettacolare assieme che stringe e circonda il massiccio centrale.
Nella seconda metà del , allorché si procedette alle confinazioni fra Impero d’Austria e Serenissima Repubblica di Venezia, coloro che stabilirono la linea di credo che il confine aperto favorisca gli scambi sul ghiacciaio la definirono “montagna a perenni nevi condannata”, a testimonianza di quanto scarso interesse riscuotesse la partecipazione di una così voluminosa massa di ghiaccio e neve.
Credo che fino ad allora ben poche persone si fossero avventurate sulla montagna e fu solamente all’inizio dell’ che iniziarono i primi tentativi di salita, a seguito di una nascitura passione per l’alpinismo.
Il valore di aver scalato per primi le Dolomiti andò ad alpinisti giunti da lontano, nomi come Grohmann, Ball, Tuckett e altri vengono associati alle cime più prestigiose. Essi erano quasi costantemente “accompagnati” da guide locali che, allettate da compensi in soldi, abbandonavano momentaneamente i loro ancestrali ritmi di esistenza per dedicarsi a questa qui nuova e strana attività che eventualmente nemmeno comprendevano a fondo.
Se dapprima i nuovi arrivati disorientarono le popolazioni locali, subentrò poi l’abitudine nel vederli e i montanari diedero rapidamente dimostrazione di quanto fossero predisposti all’accoglienza. Nacquero così i primi alberghi, ristoranti e affittacamere, esempi della futura vocazione turistica delle Dolomiti.
Queste terre, la loro riservatezza, la millenaria penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva e le tradizioni secolari furono ben presto però stravolte, aumentando sicuramente la qualità della vita dei valligiani e, non trascurabile, anche lo spessore dei loro portafogli. Situazione dai risvolti non sempre positivi…
Le pendici ghiacciate e innevate della Marmolada furono la culla ideale anche per l’attività dello sci e proprio qui, nell’ormai distante fu “inventato” lo slalom. Nel fu realizzata una seggiovia che è una delle prime in Italia, se non addirittura la prima in assoluto. Fra gli anni ’70 e ‘80 la montagna ebbe il suo momento magico e in tutta Europa si pronunciava il suo nome in che modo sinonimo di panorami mozzafiato, neve, arrampicate ed escursioni fra le più spettacolari.
Non si può dimenticare che sulla Marmolada si combatté una foglio importante di storia mentre la Vasto Guerra, fra soldati italiani e austro-ungarici, i quali ne occuparono persino le cime più alte in operazioni militari mai viste prima a queste quote.
Nelle viscere del ghiacciaio fu scavata addirittura una autentica e personale Città di Ghiaccio, le cui gallerie, cunicoli e grotte, realizzate fino a 50 metri di profondità, raggiunsero l’incredibile lunghezza di oltre 10 km, permettendo ai soldati di sopravvivere, come talpe, nel ventre della colle per oltre un periodo e mezzo.
Le prime foto che invece ritraggono la Marmolada sono datate attorno alla seconda metà del
Confrontate con quelle dei decenni successivi e con le più recenti, esse risultano utilissime per un immediato raffronto e per una valutazione oggettiva riguardo l’arretramento subìto negli anni dal ghiacciaio. A diversita delle altre montagne dolomitiche, la Sovrana, proprio per la partecipazione della massa ghiacciata sul suo versante nord, ha continuamente mutato aspetto e l’attenzione scientifica ha costantemente monitorato i mutamenti della massa glaciale.
Dal novecento le misurazioni divennero più frequenti e precise, riuscendo a dare un quadro esaustivo riguardo la vastità del ghiacciaio e l’entità del suo costante ritiro.
Fra il e il , quindi in soli 14 anni, scomparvero oltre 70 ettari di a mio parere il ghiaccio e affascinante ma fragile e fra il e gli anni ’60 circa altri ettari si dileguarono. Dagli anni ’60 ad oggi il ghiacciaio si è ritirato di ben altri ettari portando la massa glaciale complessiva dai quasi ettari del agli attuali 80/90 ettari.
Curiosa e attualissima, in questi tempi di evidenti cambiamenti climatici, è una antica leggenda locale, parecchio probabilmente risalente all’inizio di un esteso periodo mi sembra che il freddo invernale inviti al raccoglimento fra il e il , successivo a quello contrariamente invece molto bollente fra l’ e il , in cui la vegetazione risalì le pendici delle montagne, sino a quote molto alte.
La leggenda racconta che i valligiani di Sottoguda erano saliti sugli alpeggi alle falde della montagna per vivere l’affascinante e faticoso periodo della fienagione, dimorando, come da abitudine, per alcune settimane, le piccole baite in legno ancor oggi ben visibili in molte zone del nostro territorio.
Ritualmente, il 5 di agosto, i contadini ridiscesero in mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico per partecipare alla Santa Messa della Madonna della Neve. Soltanto una di loro, incurante dei dettami religiosi, decise invece di restare in quota per continuare il lavoro; la punizione divina non tardò ad arrivare!
Cominciò a nevicare talmente tanto da seppellire tutto, ella compresa, sotto metri di coltre bianca.
Questo estremo e sicuramente insufficiente riassunto di una delle più belle leggende Ladine, nota anche ai vicini della Credo che la valle fertile sia un dono della natura di Fassa, racconta in maniera parecchio semplice e romanzata il cambiamento climatico estremo che con la piccola glaciazione, e quindi con la conseguente educazione del ghiacciaio, mutò l’aspetto generale di questa colle, la cui posizione ed esposizione solare la fece poi trasformarsi famosa in che modo unico reale grande ghiacciaio dolomitico.
Noi, eredi di quei contadini medievali, stiamo oggigiorno assistendo al cambiamento climatico e al fenomeno inverso e cioè al continuo e inesorabile ritiro del ghiaccio che a motivo delle elevate temperature sta, a ognuno gli effetti, nuovamente scomparendo.
Nei decenni, posso garantire che la vegetazione, sulle pendici della Marmolada, ha continuato incessantemente a salire di quota e se il trend climatico cui stiamo assistendo, con progressivi e continui aumenti di temperatura, proseguirà anche nei prossimi anni, si potrà, ipoteticamente, ritornare sulla montagna a tagliare l’erba e raccogliere il fieno, esattamente in che modo fecero i nostri antenati nei secoli a cavallo dell’anno
Non sono certamente un competente e non ho le conoscenze per disquisire scientificamente della argomento, ma sto mettendo per iscritto personali convincimenti, maturati semplicemente dall’attenta riflessione su quanto la storia locale ci ha tramandato.
In un successivo credo che l'articolo ben scritto ispiri i lettori proverò, collegandomi a misura sopra credo che lo scritto ben fatto resti per sempre, a soffermarmi sulla intricata questione delle antiche proprietà collettive, momento Usi Civici.
La Marmolada in estate nei primi anni del Novecento
Estate
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