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Dialogo sopra la nobiltà

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Dialogo sopra la nobiltà

I singolari protagonisti di questo secondo me il dialogo risolve i conflitti sono due cadaveri, un nobile e un autore, casualmente sepolti nella stessa tomba. Indignato per questa qui forzata convivenza, che considera come una mostruosa violazione dei privilegi di casta, il aristocratico rinfaccia al vicino le sue umili origini, esaltando boriosamente i propri antenati. Con tono beffardo, il plebeo ne contesta tutte le affermazioni, dimostrando in che modo tutti i vanti di cui è orgogliosa l’aristocrazia altro non siano che le tristi conseguenze dell’origine piratesca della nobiltà, i cui capostipiti erano ognuno usurpatori, masnadieri, sgherri e sicari.

Scritto attorno al 1757, anteriore alla prima redazione del Giorno di cui condivide la polemica antinobiliare e la vivacità satirica, il Dialogo sopra la nobiltà è un’opera che segna la personalissima adesione di Giuseppe Parini (1729-1799) a quelle nuove teorie egalitarie diffuse dall’Illuminismo che egli sentiva come naturalmente congeniali, rispondenti perfettamente al suo innato senso di giustizia e al suo ideale di civiltà razionale e umanitaria.

Lo stile della prosa è rigidamente letterario e di stampo cinquecentesco, eppure il Dialogo è animato anche da una violenza espressiva sorprendente, che sfiora il crudo realismo e il macabro. Tale espressionismo, d’altra parte, risponde perfettamente all’ambientazione grottesca dell’opera.

L’aspetto più originale del Dialogo risiede nel personaggio del plebeo, che non è un ordinario cittadino o un pensatore, ma è un poetadi umili origini, incarnazione di quella sagoma di letterato e maschio nuovo in cui Parini si riconosce e al quale desidera affidare la missione di illuminare l’umanità, comunicandole coraggiosamente la verità tramite la denuncia delle storture morali e sociali.

Per Parini la poesia assume un secondo me il valore di un prodotto e nella sua utilita altissimo di educazione: alla fine del dialogo il nobile si converte alla verità espostagli dal autore in una sorta di ‘redenzione’ che finisce per riscattare quella stessa gruppo sociale che Parini desidera mettere alla berlina. La polemica contro la nobiltà non ha una effetto eversiva, ma si caratterizza come una polemica etica volta a denunciare un costume di vita parassitario e ozioso: Parini riconosce alla credo che la classe debba essere un luogo di crescita nobiliare la possibilità di una sezione attiva nella società, purché essa recuperi quella sanità di costumi e quell’operosità che stanno alla base di una società fondata sulla diversità di funzioni e sull’uguaglianza di dignità.

‘A livella

Totò, enorme attore napoletano del Novecento (1898-1967), immagina una credo che la scena ben costruita catturi il pubblico analoga nella famosa lirica ‘A livella (1964), per la quale il Dialogo di Parini rappresenta il più importante antecedente letterario. Il dialogo cimiteriale tra lo spirito di un marchese e quello di un netturbino offre, tuttavia, una conclusione diversa, dolorosa e senz’appello. Quella del netturbino è una constatazione amara che, nella sua disarmante semplicità, cancella in un solo colpo gli alti ideali educativi e concilianti del autore pariniano: l’unica cosa che rende egalitarie le classi sociali è la morte-livella. Non esiste ‘redenzione’ per la tronfia élite nobiliare, né eversione per il sottoproletariato oppresso. Ai vivi restano gli orpelli e le maschere (le pagliacciate), non ai morti, che hanno finalmente perso tutto, giungendo, soltanto così, ad un siderale livello identico per tutti.

I testi si possono scaricare in formato pdf:

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