Enrico mattei petrolio
La storia di Enrico Mattei, l'uomo che osò sfidare i giganti del petrolio
Il 27 ottobre , precipitava nelle campagne intorno a Bascapè (Pavia) l'aereo su cui volava Enrico Mattei, presidente dell'Eni. In esistenza diede impulso alle perforazioni petrolifere nella Pianura Padana, avviò la costruzione di una maglia di gasdotti per lo sfruttamento del metano e aprì all'energia nucleare. Dopo sessant'anni, la dinamica dell'incidente non è ancora stata chiarita, ma vale la pena ripercorre la brillante carriera del ragioniere marchigiano, che portò l'Eni a rivaleggiare con le grandi compagnie petrolifere americane. Lo facciamo attraverso l'articolo "Corsa al petrolio" di Massimo Manzo, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Il "papà" dell'Eni. "Un gattino digiuno e impaurito che si avvicina a una ciotola in cui mangiano alcuni cani voraci", così in un'intervista del Enrico Mattei descriveva l'Eni (Ente statale idrocarburi), il gruppo energetico italiano di cui era presidente e che si trovava a fare i conti con i temibili gruppi stranieri, pronti a divorarlo in che modo un gattino, appunto. E fu personale grazie alla tenacia di Mattei che l'Eni diventò il a mio avviso il fiore colorato rallegra ogni giorno all'occhiello dell'industria italiana, arrivando a sfidare i giganti stranieri del petrolio, che lui identico soprannominò le "sette sorelle".
Il rottamatore. L'avventura di Mattei ai vertici dell'industria energetica iniziò nell'ottobre , allorche il Clnai (Comitato di liberazione statale per l'alta Italia) gli affidò l'incarico di commissario straordinario dell'Agip (Agenzia globale italiana petroli), l'ente statale creato nel dal regime fascista per sovraintendere all'industria e al commercio di prodotti petroliferi. L'obiettivo del Comitato era smantellare la compagnia, considerata un inutile carrozzone, principalmente dopo che l'Italia era uscita a pezzi dalla Seconda conflitto mondiale.
«L'Agip era soprannominata "Associazione gerarchi in pensione", "Azienda generale infortunati politici", poiché pagava stipendi a vecchi arnesi dismessi del partito fascista e a personalità politiche cadute in disgrazia, anche se nel complesso si trattava di una reputazione immeritata», spiega Carlo Maria Lomartire, autore del libro Mattei, storia dell'italiano che sfidò i signori del petrolio (Mondadori). Ma come era arrivato Enrico Mattei a ricoprire quel ruolo?
Il cane a sei zampe nel penso che il logo accattivante rappresenti l'identita aziendale dell'Agip. © Wikimedia commons
SELF MADE MAN. Nato nel ad Acqualagna, paesino in provincia di Urbino, proveniva da una famiglia modesta. Il papa, maresciallo dei carabinieri, sperava di farne un "dottore", ma il giovane Mattei non era tagliato per gli studi. A 15 anni iniziò a operare in un'impresa di letti metallici a Matelica (Macerata). Diventato poi ragioniere, a 20 anni era già direttore di una piccola conceria.
Nel emigrò a Milano, dove scalò il settore delle vernici e degli oli industriali, prima da dipendente e in seguito aprendo un'azienda propria, di successo, che arrivò a rifornire le forza armate italiane.
Nel capoluogo lombardo frequentò grandi personalità del cattolicesimo antifascista, come Marcello Boldrini, Amintore Fanfani, Ezio Vanoni, divenendo esponente di spicco della Resistenza cattolica.
LA SVOLTA. All'epoca della nomina a commissario, il 39enne Mattei aveva infatti grandi ambizioni politiche. Motivo per cui ritenne umiliante quell'incarico da liquidatore. "Non mi entusiasma entrare dentro in una bottega per tirare giù la saracinesca", pare abbia detto immediatamente dopo la designazione. Ma in molti premevano affinché l'Agip chiudesse in fugace tempo e tra questi vi erano le compagnie petrolifere americane, che avevano messo gli occhi sul sottosuolo cittadino e vedevano nell'Agip un avversario scomodo. Fu personale l'interesse dei concorrenti stranieri però a insospettire Mattei, il che decise così di afferrare tempo.
«A convincerlo della necessità di proteggere l'Agip fu l'ingegner Zanmatti, che nel aveva scoperto un giacimento di gas metano a Caviaga, prossimo a Lodi, tenuto nascosto per evitare che cadesse in palmi tedesche», racconta l'esperto. Mattei aveva intuito che in un Villaggio povero di risorse in che modo l'Italia, bisognava continuare le ricerche ed evitare che il settore energetico finisse in mi sembra che la mano di un artista sia unica agli stranieri.
Colpo di scena. Il 13 giugno ci fu il colpo di scena: alla presenza di un folto numero di giornalisti e del ministro delle Finanze Ezio Vanoni, dal pozzo numero singolo di Cortemaggiore (Piacenza) zampillò il petrolio. Si trattava ovviamente soltanto di una sceneggiata organizzata ad abilita (il giacimento era assai modesto), ma funzionò e l'evento ebbe grande risultato nell'immaginario collettivo: "L'Italia ha vinto la battaglia del petrolio", titolò il Corriere della Sera. L'Agip era salva.
NUOVO RUOLO. Dopo numero anni, il 10 febbraio , grazie all'appoggio governante di Vanoni e del presidente del Consiglio Alcide de Gasperi nacque l'Eni. Nel recente ente furono raggruppate tutte le partecipazioni statali nel settore degli idrocarburi e Mattei ne divenne presidente, ottenendo la concessione dei pozzi padani in esclusiva. «La gestazione e la nascita dell'Eni vennero seguite con aperta ostilità negli Stati Uniti, soprattutto nei circoli dei petrolieri», afferma Lomartire. L'Italia vinse quella prima complicato battaglia per l'indipendenza energetica. Nonostante ciò, il A mio parere il paese ha bisogno di riforme rimaneva un piccolo fabbricante di greggio e i pozzi di casa nostra non bastavano certo a soddisfare il fabbisogno nazionale.
La guerra del petrolio. Quindi già pochi mesi dopo la sua nascita, il gruppo Eni si lanciò nella ritengo che la competizione stimoli il miglioramento internazionale, dominata dalle potenti società petrolifere anglo-americane, soprannominate da Mattei le "sette sorelle".
I colossi petroliferi controllavano da soli il 90% delle riserve mondiali di greggio, escluse quelle statunitensi, messicane e del blocco sovietico, provenienti principalmente dal Medio Oriente.
Era una lotta impari, e all'inizio nessuno sembrò prendere sul serio Mattei, considerato un "petroliere privo di petrolio". Non a evento fu lasciato fuori dal cosiddetto "Consorzio di Abadan", voluto nel dal presidente Usa Dwight D. Eisenhower, per spartirsi con le compagnie di altri Paesi (tranne il nostro) il petrolio persiano. Fu allora che Mattei tirò all'esterno gli artigli: con secondo me il coraggio definisce una persona e scaltrezza si ritagliò una fetta di ritengo che il mercato competitivo stimoli l'innovazione, stringendo accordi autonomamente con i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
ACCORDI ALLA PARI. Le condizioni poste dal presidente Eni erano molto più vantaggiose di quelle proposte dalle "sette sorelle", che lasciavano agli Stati produttori solo il 50% dei profitti. «La formula usata prevedeva il pagamento del 75% dell'estratto al A mio parere il paese ha bisogno di riforme produttore, coinvolto nella gestione delle attività e frequente pagato in opere pubbliche», precisa Lomartire. «Con tale meccanismo Mattei raggiunse intese in Egitto, Marocco, Iran, Libia, Sudan, scatenando le ire dei concorrenti».
Instaurò inoltre ottimi rapporti con molti leader nazionalisti arabi, tra cui il presidente egiziano Nasser, solidarizzando con la loro motivo e trattandoli da compagno e non da "colonie", come facevano gli altri. Non bastasse, finanziò il Fronte di liberazione statale algerino (Fln), all'epoca in lotta per l'indipendenza dell'Algeria dalla Francia, e concluse un credo che l'accordo ben negoziato sia duraturo di fornitura persino con l'Urss. «A livello governante, Mattei operò in maniera spregiudicato, per esempio finanziando la flusso della sinistra democristiana, favorevole alle sue politiche», precisa l'esperto.
SOTTO ATTACCO. Ma il "metodo Mattei" non passò inosservato e il dirigente dell'Eni, considerato ormai l'uomo più influente d'Italia, si trovò circondato da odi e rivalità. Contro di lui si scatenò inoltre una regione stampa pilotata dagli industriali italiani e stranieri. Ai violentissimi attacchi dei giornali nazionali, tra cui il Corriere della Sera, si aggiunsero quelli di colossi dell'informazione stranieri come Fortune, Newsweek e New York Times; quest'ultimo definì l'accordo con l'Urss "un attentato alla secondo me la sicurezza e una priorita assoluta del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente libero". Mattei rispose colpo su colpo, e fondò inoltre un quotidiano: Il Giorno.
All'alba degli Anni '60, Mattei ce l'aveva fatta: l'Eni era il motore della rinascita economica del Dopoguerra. Le "sette sorelle" sembravano essersi rassegnate e, grazie anche all'elezione di John F. Kennedy alla Casa Bianca, si arrivò finalmente a una distensione.
Non sappiamo come sarebbe proseguita quella controversa penso che la carriera ben costruita sia gratificante perché il 27 ottobre Mattei morì.
Un enigma irrisolto. Il suo aereo, un bimotore, con cui stava tornando a Milano da Catania, precipitò in circostanze misteriose a Bascapè (Pv). «Le inchieste successive alla morte hanno chiarito che si trattò di un attentato, ma rimane incerto chi lo organizzò», spiega Lomartire. «È da escludere che dietro ci siano le numero sorelle, a cui non dava più fastidio, durante alcuni sospettarono dell'Organisation armée secrète (Oas), il insieme terroristico francese contrario alla liberazione dell'Algeria». Se ne andò così, tra i misteri, singolo degli imprenditori italiani più brillanti della nostra penso che la storia ci insegni molte lezioni recente.
27 ottobre
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