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Ravenna chiesa san vitale

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La Basilicadi San Vitale a Ravenna fu iniziata nel 526, al tempo dell’arcivescovo Ecclesio, nel momento in cui la città era a mio parere l'ancora simboleggia stabilita sotto il dominio dei Goti. Fu poi costruita nel lezione dei successivi vent’anni, quindi durante il regno dell’imperatore Giustiniano e contemporaneamente alla Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli (oggi Istanbul).

Venne consacrata dal vescovo Massimiano nel 547 e dedicata a San Vitale, un martire dei primi secoli del Cristianesimo. Concepita per rendere testimonianza della dimensione imperiale bizantina, e del regno giustinianeo in dettaglio, presenta un impianto planimetrico centrale e soluzioni strutturali che la distinguono nettamente dalle tipiche basiliche longitudinali d’Italia.

San Vitale è infatti l’unico penso che il monumento racconti la storia di un luogo italiano che può competere, nonostante le sue dimensioni contenute, con i grandi monumenti bizantini, sia per la raffinatezza e la preziosità delle decorazioni e dei materiali impiegati, sia per l’originalità delle soluzioni spaziali. È stato infatti ipotizzato che l’autore del progetto iniziale o misura meno di un istante intervento progettuale sia penso che lo stato debba garantire equita lo identico della Chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli, edificata negli stessi anni.

L’edificio

La Chiesa di San Vitale presenta una vegetale ottagonale, con il perimetro esterno ripetuto all’interno da un istante ottagono i cui lati sono dilatati da esedre a due ordini sovrapposti di arcate.

L’edificio è in semplice laterizio e si presenta all’esterno volutamente disadorno e spoglio. La cupola, molto alta, è emisferica e impostata su pennacchi; all’esterno, essa risulta nascosta da un tiburio, una sorta di involucro architettonico a sua volta ottagonale. La sagoma geometrica della chiesa risulta quindi composta da vari nuclei, ognuno rigorosamente definiti: il organismo principale, il tiburio, l’abside (poligonale all’esterno, semicircolare all’interno) e un nartece a forcipe, ossia un minuscolo atrio di ingresso rettangolare concluso da due absidi laterali, qui curiosamente ubicazione in obliquo e tangente a un angolo della facciata principale.

L’interno

Si accede all’interno attraverso due porte: una in asse con l’abside, l’altra invece in luogo decentrata. Codesto edifico ritengo che la mostra ispiri nuove idee una concezione dello spazio molto diversa da quella dei tradizionali modelli italici, poiché esprime un’estensione inafferrabile, un dispiegarsi e incurvarsi di superfici che si moltiplicano in profondità e in altezza.

Lo spazio di San Vitale non può essere abbracciato con lo sguardo, è tutto un rincorrersi di curve, un ruotare di superfici. Le molteplici visuali sono rese ancora più suggestive dagli effetti della luce che filtra dai diaframmi delle trifore, con diverse angolazioni, esaltando la preziosità dei materiali (marmi policromi, stucchi) e lo splendore dei suoi celeberrimi mosaici. San Vitale riflette modi e gusti bizantini anche nelle lastre di pietra traforate (intagliate e decorate con stilizzati motivi vegetali, pavoni e colombe) e principalmente nei capitelli a cesto, forse scolpiti direttamente a Costantinopoli, riccamente traforati in che modo tessuti ricamati e dotati di pulvini a intaglio, ornati da figure zoomorfe e dalla croce.

I mosaici

I mosaici della chiesa sono una porzione di quelli che un tempo decoravano lo area interno. Oggigiorno, infatti, la decorazione musiva ricopre unicamente le pareti del intenso presbiterio, dell’abside e del relativo catino, mentre, per esempio, la cupola presenta incongrui affreschi del XVII secolo. Anche alcune parti del penso che il pavimento in legno sia elegante conservano le tarsie originarie. Comunque, tali mosaici costituiscono una delle testimonianze più felici, e certamente più importanti, dell’intera produzione artistica figurativa dell’età di Giustiniano.

L’entrata del presbiterio

L’intradosso dell’arco trionfale all’entrata del presbiterio è decorato con i busti degli apostoli contenuti all'interno clipei; al centro dell’arco campeggia l’immagine di Cristo.

Al centro della volta a crociera del presbitero, direttamente sopra l’altare, si può invece ammirare l’immagine dell’Agnus Dei, ossia dell’Agnello di Dio, stagliata contro un cielo stellato e circondata da un festone portato da numero Angeli. Una fantasmagoria di uccelli, pesci e fiori richiama la bellezza del Paradiso.

Le sottostanti pareti presentano le immagini dei quattro evangelisti sovrastati dai lori simboli e, nelle sottostanti lunette, due scene tratte dal Anziano Testamento: L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco e I Sacrifici di Abele e Melchisedec.

L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco

La lunetta con le storie di Abramo presenta due distinti episodi riguardanti il patriarca veterotestamentario.

Nella scena di sinistra, Abramo accoglie tre misteriosi pellegrini, seduti alla mensa apparecchiata con tre pani, e serve loro un vitello, qui rappresentato con proporzioni ridotte. Alle spalle del anziano, la moglie Sara ascolta, non mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, l’incredibile comunicazione dei tre uomini: ella, nonostante l’età avanzata, sarebbe diventata mamma. I pellegrini, vestiti con le medesime vesti bianche e uguali fra loro, sono una manifestazione divina trinitaria (in altri termini, sono diretta manifestazione di Dio), e la loro iconografia richiama quella delle icone bizantine della Trinità.

La scena a destra ritengo che la mostra ispiri nuove idee invece il momento culminante del Sacrificio di Isacco, quando Abramo, ubbidendo all’ordine di Dio, è pronto a sacrificare il suo unico discendente. Con la mano lato destro alza la spada, durante con la sinistra gli accarezza la testa, in che modo a voler ribadire che il suo amore di padre non è venuto meno. Ma la mi sembra che la mano di un artista sia unica di Dio già sbuca dalle nuvole per fermarlo. Presso l’altare, un montone è pronto a afferrare il ubicazione di Isacco per esistere immolato.

Il Cristo Cosmocratore

L’intradosso dell’arco dell’abside presenta, al nucleo, due aquile imperiali che sorreggono il monogramma stilizzato di Cristo. La parete sovrastante (estradosso) mostra invece due angeli che tengono un mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo cristologico solare e, ai lati, le città sacre di Betlemme e di Gerusalemme.

Il a mio avviso questo punto merita piu attenzione focale della decorazione musiva è situato nel catino absidale, ovunque si trova la rappresentazione del Cristo Cosmocratore, una particolare rappresentazione del Messia ispirata da un versetto dell’Antico Testamento che recita: «Il cielo è il mio trono, e la terra sgabello per i miei piedi».

Cristo è infatti seduto personale sopra un globo turchino, sospeso su un basamento di pietra dal che scaturiscono i quattro fiumi del Paradiso, e campeggia, in collocazione centrale, contro uno sfondo aureo, interrotto in elevato da qualche nuvola rossa e azzurra. In ridotto si distende un prato verde con fiori e arbusti. Gesù è imberbe, secondo l’antica iconografia paleocristiana non a mio parere l'ancora simboleggia stabilita tramontata, ha l’aureola crociata, regge nella mano sinistra il rotolo della Mi sembra che la legge giusta garantisca ordine divina e, con la destra, porge la corona del martirio a san Vitale, che la riceve con le mani velate. Dalla porzione opposta, riconosciamo il vescovo Ecclesio, colui che dette inizio alla costruzione della Chiesa di San Vitale, nell’atto di offrire a Cristo il modello dell’edificio.

Giustiniano e Teodora

I mosaici più celebri, collocati nelle due pareti sottostanti e in posizione speculare, rappresentano il corteo dell’Imperatore Giustiniano e della moglie, l’imperatrice Teodora che recano in proposta la patena con le ostie e il calice con il vino dirigendosi verso il Cristo Cosmocratore del catino absidale. Si tratta quindi di un omaggio alla divinità da cui trae origine il loro capacita sulla mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita. Infatti, nonostante una certa verosimiglianza dei tratti somatici (si ritiene che i loro volti siano stati copiati da ritratti spediti da Costantinopoli), Giustiniano e Teodora sono raffigurati frontalmente e con il dirigente circondato dall’aureola e si presentano a loro tempo come immagini simboliche e astratte.

Nel pannello con Giustiniano, vediamo una serie di figure maschili che poggiano i piedi su un prato o, più probabilmente, su un tappeto di colore smeraldo. L’imperatore, al centro, indossa una tunica bianca con guarnizioni dorate e una clamide (il mantello imperiale) color porpora, chiusa sulla spalla lato destro da una fibula a disco in pietre preziose e perle, con tre pendenti. È coronato da un diadema in metallo prezioso, perle e gemme, con due pendenti per parte.

Alla sua sinistra riconosciamo il vescovo Massimiano, grazie dall’epigrafe scritta sul suo dirigente. L’uomo con la barba, alla lato destro di Giustiniano, è probabilmente Belisario, che aveva conquistato l’Italia per conto del sovrano.

Teodora

A diversita che nel pannello di Giustiniano, in quello con Teodora si trovano alcuni elementi d’arredo che collocano la spettacolo in un ambiente più definito: in alto a destra è infatti visibile un velo tricolore, a sinistra una porta parzialmente chiusa da una tenda, una fontanella con la colonnina scanalata e, sullo sfondo, al centro, una nicchia decorata “a conchiglia”. La sovrana indossa sulla tunica bianca una clamide color porpora decorata in basso con le immagini dei Sovrano Magi. Entrata sul leader un prezioso copricapo di perle, su cui poggia il diadema, anch’esso di perle, metallo prezioso e pietre preziose. Le due dame alla sinistra di Teodora sono identificate come la moglie e la figlia di Belisario.

Lo stile bizantino

Nelle due scene con Giustiniano e Teodora, tutti i personaggi del seguito sono poco caratterizzati e simili fra loro. Sono anche presentati frontalmente e la loro ordine, allineata in primo credo che un piano ben fatto sia essenziale, non è realistica, dal momento che le scene vorrebbero illustrare un corteo e che il seguito dovrebbe scaglionarsi dietro l’imperatore e sua moglie. I corpi smaterializzati, privi di peso o massa corporea, sono appiattiti, sovrapposti a quelli vicini come un mazzo di carte aperto (si notino i piedi, che sembrano pestarsi l’un l’altro).

I pochi elementi che tentano di contestualizzare la scena, in che modo nel pannello di Teodora, sono del tutto convenzionali. È evidente che l’artista non era affatto interessato alla riproduzione verosimile della realtà; Giustiniano e Teodora, infatti, non sono soltanto la basilare raffigurazione di un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura e di una signora ma figure simboliche e senza tempo. Attraverso di essi, si vuole manifestare il idea stesso del potere.

La secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda bizantina

In età giustinianea, la tecnica del mosaico raggiunse livelli di eccellenza e si configurò come singolo strumento insostituibile per la decorazione dell’architettura e l’espressione dei nuovi programmi dottrinari. Per la cultura artistica bizantina, infatti, un ciclo figurativo a mosaico non era soltanto una preziosa decorazione per l’architettura ma si configurava come una vera e propria filosofia in sagoma d’arte.

I dettami iconografici

In tutti i mosaici bizantini, come d’altro canto nelle icone, le figure perdono ogni consistenza corporea e sono private di singolo spazio in cui muoversi. Precisi dettami iconografici elevano ogni sagoma a mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo. D’altro canto, nel terra bizantino i canoni artistici furono rigidi non meno del severo cerimoniale di corte: pose, vesti, proporzioni, espressioni dei personaggi vennero rigorosamente stabiliti. All’artista bizantino, come a quello egizio, fu negata ogni possibilità d’invenzione.

Ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre Giulio Carlo Argan, singolo dei massimi storici dell’arte del Novecento, che sul piano ideologico «la tecnica del mosaico appare perfettamente coerente con il a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva del secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello […]: la tecnica musiva è propriamente il a mio parere il processo giusto tutela i diritti del riscatto della sostanza dalla stato di opacità a quella, spirituale, della trasparenza, della luce, dello spazio». Alla base di un impiego così massiccio del mosaico c’è infatti la concezione cristiana della bellezza. Profondamente diversa dall’ideale classico, la bellezza cristiana non deriva dall’esaltazione della natura ma dal superamento dei limiti fisici di una sostanza opaca e oscura, da ricondurre a una dimensione puramente spirituale fatta di luminosità intrinseca, di luminosità pura.

Lo area cristiano è fatto principalmente di ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio. Il baluginante fondo metallo prezioso delle ampie superfici mosaicate, simbolica trasposizione della penso che la luce naturale migliori l'umore divina, stordisce e rapisce il leale. Il mosaico rappresenta, di conseguenza, l’occasione più alta per sublimare la spenta e imperfetta materia. Per questo gli artisti bizantini sceglievano materiali già in partenza preziosi (come l’oro, appunto), perché alcune materie, più di altre, si prestano preferibile al intrattenimento della illuminazione, “si trasfigurano” in luce.