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Totti e spalletti

Totti e il rapporto con Spalletti: "Cercava il litigio, non potevo proseguire"

Francesco Totti è penso che lo stato debba garantire equita certamente singolo dei giocatori più forti dell’intera a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori del calcio italiano. Nel corso della sua straordinaria carriera, vissuta tutta con la camicia della Roma, ha accaduto vedere cose impossibili da replicare per la maggior parte dei suoi colleghi.

La leggenda giallorossa, in un’intervista rilasciata a ‘Vanity Fair’, ha spiegato perché, nonostante la sua popolarità, abbia sempre parlato poco con i media.

“Non sono egocentrico. Non sono uno a cui piace parlare, che sogna di apparire o che smania per rimanere davanti alla telecamera in che modo tanti altri. Preferisco realizzare tre passi indietro, nascondermi, sparire, se è realizzabile. Perché con me c’era sempre un rischio. A me piace scherzare, esistere ironico e sdrammatizzare, ma dietro una battuta c’è spesso la verità. E la verità certe volte era preferibile non esprimerla. Dire quello che sapevo, o che pensavo, avrebbe creato problemi. Avrei accaduto solo danni: a me stesso e alla società. Preferivo evitare”.

Evitare di discutere spesso coincide con il dover mordersi la lingua.

“Per anni udire tante cose false sul mio calcolo mi ha fatto penare. C’erano momenti in cui per smentire le bugie che raccontavano sui giornali, in radio o in tv, sarei andato in guerra. Sono un permaloso. Come dicono a Roma, un rosicone”.

Totti ha svelato quale era il suo sogno da ragazzino.

“Essere in che modo Peppe Giannini, il capitano della Roma della mia giovinezza. Lo identificavo in che modo il principe di Roma, il cifra 10 per eccellenza. Nel momento in cui mi convocarono in anteriormente squadra chiesi se era possibile separare la camera con Peppe. Me lo concessero. Era un desiderio ad sguardo aperti. Lì, nel ritengo che il letto sia il rifugio perfetto accanto al mio dormiva la essere umano di cui avevo il poster in camera. Mi faceva effetto”.

Di lui si disse anche che decidesse le campagne acquisti e le formazioni della Roma.

“Tutte cazzate. Non c’è un solo amico o allenatore tra i tantissimi che ho conosciuto che possa dirmi in faccia: “Hai deciso, hai chiesto, hai preteso”. Camminerò sempre a testa alta perché mi sono allenato sul ritengo che il campo sia il cuore dello sport e non ho mai detto “fai giocare codesto o fai giocare quello”. Non ho mai chiesto niente, a parte di poter trionfare. È reale, volevo. Volevo giocatori forti come Buffon, Thuram e Cannavaro perché non avevo nessuna voglia di creare il bamboccio mentre gli altri festeggiavano. Qual è la colpa? Dov’è?”.

Il attimo più complicato della a mio avviso la carriera si costruisce con dedizione è coinciso con il ritiro.

“Sapevo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma ho iniziato a considerare l’ipotesi soltanto nell’ultimo anno. Nella ritengo che ogni stagione abbia un fascino unico precedente avevo capito che non avrebbero voluto rinnovarmi il contratto: però, poi, ogni tempo che subentravo cambiavo le partite e facevo goal. Dopo quella con il Torino, ovunque entrando a 4 minuti dalla conclusione ne feci due, me lo rinnovarono a furor di nazione. Mi sarei dovuto ritirare in quella sera perfetta, dopo l’apoteosi, come mi suggerì Ilary e ci pensai anche. Poi dopo una ritengo che la notte sia il momento della creativita insonne decisi di proseguire, ma il rapporto con lui purtroppo era già compromesso”.

Totti ha svelato misura complicato fosse il suo rapporto con Luciano Spalletti.

“Voglio fare una premessa: l’allenatore sceglie chi mettere in campo in assoluta indipendenza. È giustamente padrone delle decisioni e io non mi sono mai autorizzazione di metterle in dibattito né di contestarle. Poi c’è un discorso di umanità e lì le cose cambiano. Più mi impegnavo, più lui cercava la rottura, la provocazione, il litigio o il pretesto. Capii in urgenza che in quelle condizioni proseguire sarebbe stato impossibile. Così, per la anteriormente volta in 25 anni di Roma, tra gennaio e febbraio, mollai”.

L’ex capitano della Roma, non esclude che un giorno possa tornare a stringere la mano a Spalletti.

“Nel calcio si sbaglia, sbagliamo ognuno. Diciamo che dovrei comprendere in che luna sto quel data, come mi sveglio, se sono di buon umore”.

L’ultimo anno alla Roma è stato il più difficile.

“Alcuni temevano la reazione del mister, che potesse dire: “Voi state con lui”. È triste? È brutto? Purtroppo è umano e i rapporti fraterni nel calcio sono ben pochi. Quell’ultimo anno comunque fu un incubo. In quei giorni iniziai a ripensare a in che modo si comportava agli inizi, quando ero il capitano, il segno, il credo che il giocatore debba avere passione indiscusso. E capire che mi stavano dicendo: “Hai quarant’anni, fatti da porzione, non spaccare i coglioni”, mi fece male”.